La Sede della Segreteria Generale rimarrà aperta il giorno Sabato 14 dicembre e l'accesso sarà consentito esclusivamente agli addetti ai lavori.

Per l’Assemblea Generale verrà utilizzata la piattaforma ZOOM WORKPLACE®, e  sarà disponibile il servizio di traduzione simultanea in tutte le lingue del PI: italiano, francese, inglese, spagnolo, tedesco e portoghese. 

Il link per accedere alla piattaforma ZOOM WORKPLACE®,  è il seguente: 

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Martedì 26 novembre si è svolta la serata di gala dei “beactive awards” alla presenza di Ahrenkilde Hansen, direttore generale per l'Istruzione, la gioventù, lo sport e la cultura della Commissione europea, e Floor Van Houdt, capo dell'unità Sport dell'EAC.

Paul Standaert ha partecipato alla serata di gala e al debriefing in rappresentanza del Consiglio internazionale e del Presidente Chinellato.

Durante la serata di gala sono stati consegnati quattro premi. 

Il Prof. Em Thierry Zintz, membro della commissione scientifica del Panathlon, è stato membro della giuria che ha assegnato un premio a: 

- Sport Union Austria, Premio per l'istruzione

- Metropole de Lyon Francia, Premio per il luogo di lavoro

- Fundacj Rozwoju Sportu Polonia, premio Across Generation

- Allessio Bernabò Italia, Premio Eroe Locale

La serata è stata seguita da un interessante discorso programmatico dell'ex oro olimpico della scherma, la dottoressa Diana Bianchedi, Chief Strategy Planning &Legacy Milano Cortina 2026.

Come sempre, questo evento è stato un'ottima occasione per entrare in contatto con gli appassionati di sport dei Paesi dell'UE.

La mattina seguente si è tenuto il debriefing della Settimana europea dello sport 2024. Anche quest'anno è stato battuto il record di partecipazione.

In 24 Paesi, 15 milioni di persone hanno partecipato a uno dei 50.000 eventi.

Il Panathlon International è partner di EWOS dal 2015.  Dal 2020 i club di PI hanno accelerato la loro partecipazione e i Panathlon Club italiani sono in testa. Più di 20 club italiani hanno organizzato un evento con la partecipazione di EWOS. 

Paul Standaert è grato a tutti i club e ai loro presidenti per aver aderito a questa iniziativa europea.

È stato presentato il piano di lavoro per il periodo 2024-2027, incentrato su tre settori:

- integrità e valori nello sport

- dimensione sociale, economica e sostenibile dello sport

- Partecipazione allo sport e attività fisica salutare.

Nel 2025 l'UE celebrerà il 10° anniversario di questa grande iniziativa. Poiché questo sarà un anno speciale per l'EWOS, il Panathlon potrebbe sviluppare un'iniziativa comune che unisca i club di tutta Europa nell'EWOS 2025.

Il più giovane a dirigere la finale del campionato europeo di calcio: “Una bellissima sorpresa la designazione così come il Premio. Mi ispiro al connazionale Vautrot”

di Fabio Monti

 

Giulio Campanati, milanese, classe 1923, rimane una delle personalità più rilevanti del mondo arbitrale non soltanto italiano. Prima tessera nel 1940, fischietto internazionale dal 1957, dirige 166 partite in serie A dal 1952 al 1966, quando decide di chiudere in largo anticipo la carriera, per iniziare una lunga e prestigiosa carriera dirigenziale. Componente della commissione arbitrale di FIFA e UEFA dal 1968 al 1992, è stato designatore di serie A dal 1968 al 1972 e presidente dell’Associazione italiana arbitri per 18 anni dal 1972 al 1990. Tutto questo non gli ha impedito di affermarsi anche come imprenditore: la sua impresa di mosaici ha curato il rifacimento della pavimentazione della Galleria Vittorio Emanuele nel cuore di Milano e la facciata della Rinascente di piazza Duomo. 

Una figura così rilevante non poteva essere dimenticata ed è per questo che tre anni dopo la sua morte, avvenuta nel 2011, è nato il premio «Giulio Campanati», destinato al miglior arbitro dell’Europeo o del Mondiale, distintosi per la qualità delle direzioni durante questi tornei. Il premio così scattato nel 2015 in coincidenza con la Coppa del mondo in Brasile, per scelta dell’Associazione «Amici di Campanati» e della sezione degli arbitri di Milano, con il supporto della Federcalcio e la regia del figlio, Giorgio e l’impulso di un’altra figura fondamentale del mondo arbitrale, Cesare Gussoni. Nell’albo d’oro, si trovano i nomi di Nicola Rizzoli, scelto nel 2014, dopo aver arbitrato la finale tra Germania e Argentina (finita ai supplementari con la vittoria dei tedeschi per 1-0) e nel 2016, dopo l’ottimo Europeo, culminato con la semifinale Francia-Germania 2-0; dell’argentino Nestor Pitana, il fischietto della finale moscovita tra Francia e Croazia (4-2); dell’olandese Bjorn Kuipers, che aveva diretto a Wembley l’ultimo atto di Euro 2020, Italia-Inghilterra decisa ai rigori a favore degli azzurri e di Daniele Orsato, reduce da un grande torneo in Qatar, concluso con la semifinale fra Argentina e Croazia (3-0).

Domenica 17 novembre, prima dell’inizio di Italia-Francia (1-3), ultima partita di Nations League, sul prato di San Siro il premio 2024 è andato al francese François Letexier, protagonista di un grande Europeo in Germania, dove ha diretto Croazia-Albania (2-2), Danimarca-Serbia (0-0) e Spagna-Georgia (4-1, ottavi di finale), prima di superare la concorrenza e di essere scelto dal designatore UEFA, Roberto Rosetti, a dirigere la finale di Berlino tra Spagna e Inghilterra (2-1 il risultato finale, 14 luglio). La decisione dell’UEFA e quella della giuria del premio Campanati, giunto alla sesta edizione, hanno un significato preciso, perché Letexier, bretone di Bédée, nato il 23 aprile 1989, protagonista anche ai Giochi Olimpici di Parigi, è diventato il più giovane arbitro di sempre a dirigere una finale dell’Europeo. Puntare sui giovani per un arbitraggio sempre più in linea con i tempi e con le nuove indicazioni regolamentari, Var compreso, perché è evidente che non si dirige più da soli, anche se l’ultima decisione spetta sempre all’arbitro di campo: questa è l’indicazione che ha fornito la Federcalcio europea. Del resto, il fischietto francese è sempre andato di corsa: esordio in Ligue 1 il 23 gennaio 2016 (record), internazionale dal 1° gennaio 2017, Var nella finale di Europa League del 26 maggio 2021 (Villarreal-Manchester United, con Clêment Turpin arbitro centrale), debutto in Champions League il 14 settembre 2021 (Young Boys-Manchester United). Letexier è stato il secondo arbitro francese a dirigere la finale dell’Europeo, dopo Michel Vautrot, il fischietto di Olanda-Unione Sovietica (2-0) del 25 giugno 1988, a Monaco di Baviera. E non è un caso che si sia realizzato questo passaggio di testimone, perché, come ha spiegato lo stesso Letexier, «Vautrot è da sempre un punto di riferimento per noi ed è proprio al suo modo di dirigere e di rapportarsi con i giocatori che ho sempre cercato di ispirarmi». 

Presente il presidente della Federcalcio italiana, Gabriele Gravina, è stato proprio Orsato a consegnare il premio a Letexier, che non ha nascosto la sua emozione: «Sono onorato di ricevere questo riconoscimento e lo sono per tre motivi: perché è il frutto di quanto fatto all’Europeo, insieme con la mia “squadra”; per l’importanza del premio; perché in passato questo riconoscimento era stato assegnato a grandi arbitri. La notizia del premio, quando mi è stata comunicata, ha rappresentato una sorpresa tanto quanto quella di essere stato designato per la finale di Euro 2024». E ha spiegato il suo rapporto con il Var: «Per noi è uno strumento di grande utilità. In termini generali, non ha cambiato il nostro modo di arbitrare, perché il nostro obiettivo è sempre stato quello di dare il massimo, sbagliando il minimo. Però in caso di decisione errata, quella rimaneva e qualche volta io ho dormito male, pensando all’errore commesso. Adesso tutti gli arbitri di campo sanno che c’è un’ancora di salvezza ed è un bel sollievo. Non bisogna prendersela se si viene corretti dal Var, l’importante è che il risultato finale sia al di sopra degli errori».

La storia di Letexier non finisce qui, anzi e non è detto che non possa essere scelto una seconda volta, in coincidenza con il Mondiale 2026.

 

 

di Andrea Sereni

A Las Vegas l’olandese ha fatto suo il quarto titolo di fila con una nuova maturità, aggiungendo la testa al talento. Verso il prossimo anno con l’obiettivo di fare cinquina, tra l’involuzione della Red Bull e la crescita di McLaren e Ferrari

Vince sempre lui. Dal 2021 la Formula 1 ha un padrone assoluto, insaziabile e spietato. La Red Bull ha perso i superpoteri, Max Verstappen no: a Las Vegas si è preso il quarto Mondiale di fila, forse il più bello. Raggiunti Vettel e Prost, solo Fangio, Schumacher e Hamilton hanno fatto meglio di lui. Si è rimboccato le maniche, ha dominato nonostante una macchina non più invincibile, ci ha messo la testa oltre al talento, una maturità inesplorata nei precedenti episodi, da fuoriclasse vero. 

È cambiato, SuperMax. Ha saputo evolversi, usare l’arte della pazienza, reagire a una rivoluzione tecnica inattesa. Spesso divisivo, anche stavolta, con la faccia cattiva per respingere l’assalto di Norris, la personalità giusta per tenere unito un team dilaniato da lotte interne e addii pesanti (come quello di Adrian Newey): il nuovo Verstappen è passato dalle 19 vittorie del 2023 alle 8 di quest’anno, eppure mai si è avuta la percezione che potesse perdere il titolo, anche quando la McLaren era debordante e lui chiuso all’angolo, in difesa. A Miami, a inizio maggio, la Red Bull ha iniziato a perdere colpi. «Sette volte su dieci non ho avuto la macchina migliore», ha sottolineato dopo il trionfo. Così Max, mai assistito dal gregario Perez, ha combattuto giro dopo giro, ogni gara, limitando i danni nelle situazioni più difficili, piazzando zampate da fenomeno quando possibile, come sull’asfalto bagnato di San Paolo. Una resistenza ad oltranza, forte di una fama che ha spaventato i rivali, difeso da una corazza costruita fin da bambino, accanto a papà Jos. 

In questo Verstappen c’è tanto del padre, manager e presenza fissa ai box. Un tipo duro, ruvido, che ha plasmato il figlio a sua immagine e somiglianza. Un modello per Max: «Senna, Schumacher, Prost? Non ho mai sentito l’esigenza di avere un idolo. L’unico è mio padre, perché so i sacrifici che ha fatto per rendere tutto questo possibile». Papà Jos, ex pilota di talento seppur mai vincente, ha costruito il figlio un po’ come Mike Agassi fece con Andre: kart nel periodo della scuola, lezioni di guida sotto la pioggia nei parcheggi dei supermercati per insegnargli il controllo, punizioni se il giovane commetteva errori. Come quando, guidando il furgone dall’Italia all’Olanda (dopo una gara di kart a Sarno, in Campania), non gli parlò per tutto il viaggio, perché Max aveva buttato via la gara nelle prime curve, dopo che Jos aveva speso giornate intere e (tanti) soldi per mettere a punto un nuovo motore. 

Spigoloso, il padre come il figlio. Bravo quest’anno a far sentire la propria leadership in Red Bull anche nello scontro tra il team principal Horner e proprio papà Jos, che lo scorso marzo ne aveva chiesto la testa. Mediatore e cannibale, due facce della stessa medaglia. Anche stratega, come al volante era la madre, Sophie Kumpen, pilota «di grande intelligenza, capace di capire il momento e ragionare in brevissimo tempo», secondo Horner. Per lei carriera finita a neanche 23 anni: «Quando mi sono sposata con Jos ho dovuto prendere una decisione — ha raccontato —. Lui era pilota di F1 e viaggiavamo tantissimo. Ho messo da parte il mio sogno, ma mi riempie di gioia quanto sta facendo ora mio figlio Max. Raggiunge i traguardi che io ho sempre sognato da bambina». 

In Olanda Verstappen è come una divinità, dopo Johann Cruyff è lo sportivo più famoso di sempre. Tutto ciò che tocca diventa oro. Il Gp di Zandvoort, quello di casa, è perennemente esaurito. Ma ha ancora tanta strada davanti a sé. Da ragazzino poteva entrare nel programma giovanile della Ferrari, ma papà Jos non sentì attorno al lui la fiducia necessaria. Garanzie che arrivarono dalla Red Bull, la squadra che l’ha preso in F3 per portarlo in F1 «quando non ero nessuno», a cui ora è leale. Nonostante un’involuzione (della vettura) palese. Toto Wolff lo voleva in Mercedes, Verstappen non ha ceduto: «È bello sentirsi dire certe cose, ma non avranno impatto su di me: voglio restare alla Red Bull».

Sotto contratto fino al 2028 — con stipendio monstre, da più di 40 milioni di dollari a stagione bonus inclusi — lo aspetta (almeno) una stagione complicata, prima dei cambiamenti delle regole (su motore, Drs e aerodinamica) che avverranno nel 2026 e potrebbero rivoluzionare le gerarchie. Che al momento sembrano definite: McLaren e Ferrari sono davanti alla Red Bull. A cambiare dovrebbe essere anche il suo compagno di squadra: Perez è ai saluti, al suo posto potrebbe arrivare il 21enne argentino Franco Colapinto. All’orizzonte per Max una nuova sfida, ambiziosa: fare come Schumacher, cinque Mondiali vinti di fila (il tedesco ci riuscì con la Ferrari tra il 2000 e il 2004). Non sarà semplice. Ma guai a scommettere contro i campioni. «Ho ancora fame», ha detto dopo Las Vegas. Una promessa, quasi una minaccia. Si salvi chi può.

 

 

 

 

di Alberto Bortolotti 

La Val Pusteria e la Val Gardena incubatrici del fenomeno Sinner. Quelle parole del 2018 alla RAI bolzanina: “Sarò numero 1”. Prende per mano i compagni e li porta sul tetto del pianeta. Drop shot, un tocco di poesia nei progressi di Jannik. Il senso di squadra cresciuto in femmine e maschi. L’impresa “oscurata” delle ragazze in Billie Jean King Cup 

Gli excursus personali in Alto Adige, o Sud Tirolo come preferiscono, forse ancora, gli autoctoni, partono negli anni ’60 con i viaggi, assieme ai miei genitori, all’Ippodromo di Maia, Merano dove si correva un gran premio – di galoppo – che era pure legato a una Lotteria di Stato: e mio papà Rino lo raccontava per i lettori di Stadio. Il lungo Passirio, all’epoca, pullulava – era settembre – di chioschetti per la traubenkur, ovvero il succo d’uva come fatto terapeutico: roba da corti ottocentesche, Merano era davvero un luogo senza tempo. Successivamente, quando cominciai a lavorare anch’io, fine anni ’70, scoppiò la moda, spinta dalle Aziende di Promozione Turistica, di invitare i giornalisti agli “educational tour”; la terra al confine con l’Austria, a pochi decenni dalle bombe irredentiste di Eva Klotz, aveva un sacco di soldi da investire nel turismo. Ricordo l’urlo degli “ultras” del Brunico di hockey su ghiaccio, “Fohr, fohr, Bruneck tor”, la scoperta di knodl, kaminwurzen, kaiserschmarren e ogni altro ben di Dio, i vecchietti dei paesi che, in un italiano stentatissimo, spingevano i figli a dominarlo meglio, un legame di sangue “più con Bavaria che non con austriaci”, mi disse un frequentatore di stube a Rasun, e perfino qualche discesa dagli impianti di Sesto in Pusteria.  

Ecco, più o meno in questo Tirolo nasce il bimbo della famiglia Sinner. Che avrebbe potuto essere il n. 147 della classifica di slalom gigante della FISI (o una buona C di calcio da mediano, modello Ligabue) e invece, per fortuna, sceglie di avere l’obiettivo di fare il numero 1 della classifica mondiale di tennis (e il più forte tennista della storia italiana, già, a 23 anni). Espone tutto ciò con grande chiarezza al collega Daniele Magagnin, giornalista bolzanino, dopo un (parziale) insuccesso (chi lo batte è tale Peter Heller, tedesco, career high 273 del mondo) nel Challenger di Santa Cristina in Val Gardena che lo avrebbe portato entro le prime 900 (!) racchette del globo. Era il 18 agosto 2018. “Il mio sogno è diventare numero 1 al mondo e vincere tanti slam”, afferma con apparente sicumera dopo avere raccontato che il modello suo è Andreas Seppi (sudtirolese come lui, Daviscupman azzurro, numero 18 del ranking nel 2013). Poi vince l’ITF a Bergamo, ringraziando pubblicamente i raccattapalle (non è cambiato !). Si pone anche il problema di essere apparso troppo “baldanzoso”, tanto da confidare a un amico “non sono uno ‘sborone’, ma semplicemente una persona che si pone un obiettivo”. Ed è, credo, il debutto assoluto nell’uso di un termine che è tanto bolognese quanto romagnolo, prima dei tortellini della mamma del suo ex fisioterapista, l’anzolese Jack Naldi (quel brodo, per tanti motivi, non viene più degustato. Ed è anche triste, ma giusto). 

La sua pacatezza, il suo essere “capitano” silenzioso, premuroso, affettuoso, riconoscente lo rende grande tanto quanto la varietà di colpi messi ora insieme: ultimi arrivati, un drop-shot (che bello il termine inglese al cospetto del banale ‘palla corta’) mortifero e un servizio se non di livello assoluto, almeno notevole. Con la fusione di queste doti non era impossibile pronosticare il bis del successo di Davis e nemmeno la ricrescita di Matteo Berrettini, doppista di buona levatura, meglio di Jannik (il doppio non è la somma di due singolaristi, giova ricordarlo) ma soprattutto portatore di tre punti su tre match: un ri-boom figlio anche dell’attenzione da fratello che gli ha dedicato Sinner. E pazienza se il fragile Musetti del primo giorno a Malaga non si è potuto riscattare o alla solidità del doppio Bolelli-Vavassori non è stato consentito di palesarsi. Il “gestore” Volandri non ha – quasi – sbagliato un colpo. 

Se possibile, le ragazze hanno fatto un’impresa, nella Billie Jean King Cup, molto più titanica. Non c’era una numero 1, non c’era un precedente (ok, c’era, ma lontano nel tempo e, Errani a parte, con altre protagoniste), mancavano exploit “alla Sinner” nel circuito. Eppure la promozione della Bronzetti a numero 2 del team azzurro, scavalcando la più titolata Cocciaretto, la grande combattività della Paolini, pur sempre numero quattro del mondo, il senso di squadra di Sara Errani e la grande pacatezza della capitana non giocatrice “Tax” Garbin hanno fatto centro. L’unico peccato è che i grandi media tv non ci abbiano creduto, ma le ragazze, terze nel ranking mondiale, hanno fatto quell’upgrade frutto soprattutto di un gruppo intoccabile come il cemento.

La racchetta, nel mondo, parla italiano. Per il mondo sportivo è una soddisfazione indicibile. Il senso del gruppo dei team maschile e femminile è superiore a quello di Cucelli/Del Bello 1 e 2 (immediato dopoguerra), Pietrangeli/Sirola/Tacchini/Gardini/Merlo (anni ’60), Panatta/Bertolucci/Barazzutti/Zugarelli (Cile ’76) e Vinci/Errani/Pennetta/Schiavone (Fed Cup 2013). Le nuove generazioni avranno tanti difetti ma, essendo fatte di gente più normale, meno originale, per nulla pazzerella, forse troppo formattata, fanno meno fatica a mettersi dietro la bandiera. Sono ottimista.

Perché? Voglio raccontarvi un segreto: non è finita.

 

Anche quest’anno prosegue l’iniziativa congiunta con CSIT (Confederazione Sportiva Internazionale dei lavoratori) con l’obiettivo di incoraggiare, coordinare e promuovere lo sviluppo dell'ideale sportivo e dei suoi valori morali e culturali in tutti i Paesi in cui CSIT è presente diffondendo la conoscenza ed i principi del nostro Movimento. Il Premio Panathlon-CSIT offre a tutte le Unioni Membro CSIT dei vari Paesi la possibilità di nominare candidati che si siano distinti nel sostenere i valori etici e culturali dello sport. Con l'assegnazione di questo premio, si intende riconoscere, premiare e celebrare coloro che hanno onorato e sostenuto tali principi fondamentali attraverso il loro esempio e le loro azioni. Le candidature pervenute saranno vagliate dal Consiglio Internazionale del PI che sceglierà a chi assegnare l’importante riconoscimento nel 2025.

I premi precedenti sono stati assegnati al Presidente onorario del CSIT, Prof. Kalevi Olin, e ad Avi Sagi, entrambi premiati durante le passate cerimonie di chiusura dei Giochi Mondiali CSIT (Magari mettere il link ai giochi così si vede cosa sono) dal past-President del PI Pierre Zappelli.

Il Premio Panathlon International - CSIT World Sports Games 2025 sarà assegnato ai World Sports Games 2025 a Loutraki in Grecia.

 

Il “SPORT MOVIES & TV 2024”, rappresenta il culmine mondiale del cinema, della televisione e della cultura sportiva.

Questa prestigiosa manifestazione, organizzata dalla FICTS, ha visto la finale di 20 Festival (nei 5 continenti) del Circuito Internazionale “World FICTS Challenge”, ispirata dal potente slogan “FICTS is Culture through Sport – Olympic Emotion”, e si è svolta a Milano dal 5 al 9 novembre (link: linktr.ee/fictsfederation). Il Festival è stato presentato, nell’ambito dell’Olimpiade Culturale di Milano Cortina 2026, programma multidisciplinare, plurale e diffuso per promuovere i valori Olimpici e Paralimpici attraverso la cultura, il patrimonio e lo sport.

Nella giornata conclusiva il Presidente del Panathlon International Giorgio Chinellato è intervenuto portando il saluto del nostro Movimento e sottolineando la forte collaborazione che da diversi anni è nata con FICTS ed i progetti realizzati anche con la nostra Fondazione PI-D.Chiesa, con l’obiettivo primario di promuovere azioni tese allo sviluppo dell’etica nello sport. Una bella giornata per la cultura sportiva. 

                

 

 

È come quando c’è la nebbia e i nostri occhi faticano a vedere bene ciò che ci circonda: e in mezzo a questa distesa candida come la neve, abbiamo perso Matilde.

Una morte sul lavoro, quello che amava fare, una tragedia che sembra assurdo possa toccare una giovane atleta. Eppure, il lavoro dello sportivo ha casistiche funeste di ogni genere e probabilmente non basterebbero migliaia di protocolli per evitarli.

Era giovane e bella e il suo sorriso che abbiamo conosciuto dalle foto ci travolge insieme all’ incredulità di quanto è successo. Evitiamo di dare importanza al dove e come, meglio capire il perché. Serve una risposta alla famiglia, ai giovani, allo sport.

Niente c’è di peggio di un padre o una madre che sopravvivono alle loro figlie e ai loro figli. Viene alla mente la morte di Simoncelli, caduto su una pista di motociclismo, ovvero di uno sport che, al pari di altri, non è immune dal pericolo.

E il padre a ricordarlo e a farne un motivo di resistenza umana di fronte a un dolore impossibile da somatizzare.

È così certamente anche per i famigliari di Matilde.

Se a lei rivolgiamo un pensiero commosso e una preghiera sentita, ai suoi parenti dedichiamo l’abbraccio più fraterno possibile.

Di lei non ci interessa conoscere il palmares sportivo e le prospettive che l’attendevano.

Troppo forte è il dolore che si accompagna a un assioma: non si può morire a 19 anni.

Ciao Matilde,

 

Si informa che gli Uffici della Segreteria Generale rimarranno chiusi Venerdì 1° Novembre per Festa di Ognissanti.

Sì è svolto lo scorso 18 ottobre, in via telematica, il Comitato di Presidenza del PI per discutere diversi argomenti, fra i quali i nuovi bilanci preventivi per il biennio 2025/2026 e una nuova proposta di quote di affiliazione, redatti secondo quanto scaturito in occasione dell’Assemblea Generale di  Agrigento. I bilanci e le nuove quote saranno oggetto di confronto e di delibera da parte del Consiglio Internazionale che si terrà il 30 ottobre  p.v. per illustrarle ai Club, ai Presidenti di Distretto e Governatori. Durante la riunione sono state inoltre vagliate le modalità di svolgimento dell’Assemblea Generale Straordinaria che si terrà il prossimo 14 dicembre p.v., per la prima volta in modalità telematica.

Si è inoltre discusso sulla necessità di programmare un incontro con il CIO, al fine di presentare e sviluppare progetti e nuove sinergie con il Comitato Olimpico. Inoltre  è stata confermata la partecipazione del Presidente Giorgio Chinellato al IF Forum di Sportaccord a Losanna, un evento di grande rilevanza nel panorama sportivo internazionale.

Accanto alle discussioni sulla situazione dei Club e delle Aree del PI, il CdP ha appreso favorevolmente di un interessante collaborazione con l'Università di Lovanio, mirata a promuovere i valori etici dello sport fra i giovani studenti.

La riunione si è conclusa positivamente e con un forte senso di collaborazione, ottimismo e determinazione per il futuro dell'associazione.

Panathlon International

Fondazione D.Chiesa